1921-2021 Sul centenario della nascita del PcdI

ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI

Karl Marx - Friedrich Engels

 

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1921-2021

 

Sul centenario della nascita

del Pcd'I.

Cento anni di storia , ancora!

 

 

Celebriamo oggi i 100 anni dalla fondazione del Pcd'I, sezione italiana della terza internazionale comunista.

 

Cento anni sono trascorsi!

Una lunga storia che i comunisti italiani, ovunque collocati, festeggiano e ricordano con dibattiti, messaggi, interventi segno di un impegno e di una militanza che ancora si rinnova pur nelle difficili condizioni dell'oggi e cerca nuove strade per crescere.

Cento anni sono trascorsi!

Mentre la borghesia trascinava i popoli di tutto il modo nel baratro delle guerre mondiali e del fascismo, levatrici dell'odierno capitalismo; mentre sotto il marchio del profitto capitalistico crescevano miseria e sfruttamento bestiale dell'uomo e della natura, il proletariato organizzato nella sua componente più avanzata e cosciente, il partito comunista, ha saputo ergersi contro la barbarie capitalista quale classe dirigente alternativa alla borghesia. I comunisti hanno contribuito in modo decisivo, e al prezzo di immani sacrifici, allo sviluppo civile, sociale, democratico, economico, culturale e alla stessa liberazione di molti Stati e di molti popoli. Hanno, al contempo, saputo indicare una diversa e più alta forma di società fondata non più sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sulla dittatura del lavoro salariato e del profitto, ma sul libero sviluppo dell'uomo, del lavoro, della scienza.

I comunisti hanno così aperto la via alla transizione ad una nuova società.

Con l'ingresso del proletariato sulla scena politica mondiale quale classe egemone e dirigente, per la prima volta nella storia dell'uomo, si tenta la via di una possente transizione, unica nella Storia, giacché richiede di fare i conti e liquidare tanto la forma capitalistica di organizzazione sociale ed economica che la stessa proprietà privata, di cui il capitalismo rappresenta l'espressione più alta e compiuta1. Una diversa forma di società che esprime tutt'altra concezione del mondo e dell'uomo, un diverso e più altro rapporto fra Uomo e Natura che emerge, naturalmente, dallo sviluppo stesso della cultura, della ricerca scientifica, dal carattere sociale della produzione e del lavoro ma che trova sbarrata la strada dai vecchi gravami capitalistici. Occorre liquidare tutto il “passato pensiero” e con esso la società che esprime e rappresenta2. Trascinare teorie e idee vecchie davanti ad un nuovo “tribunale della ragione”3

Un passaggio, dunque, epocale!

Un'impresa titanica che solo il proletariato può compiere per la sua stessa natura, per la caratteristica di legare la propria esistenza e sviluppo agli interessi generali dell'intera popolazione umana; per il fatto di non avere obiettivi e orizzonti particolari, ristretti, privati ma di essere l'unica classe in grado di esprimere compiutamente il carattere sociale, generale della vita degli uomini, del lavoro, delle forze produttive, della scienza.

Ieri, ed ancor di più oggi, comprendere e dirigere i processi di questa transizione, le forme, i passaggi, i tempi attraverso cui si concretizza, è questione centrale.

Una tale sfida richiedeva e richiede di attrezzare strumenti necessari e sufficienti a raggiungere tale scopo: una solida teoria scientifica, una corretta analisi dei processi reali, un programma capace di esprimere le forze sociali soffocate dal capitale e precise forme dell'organizzazione, fra le quali la principale era ed è quella del Partito.

 

La storia del Pcd'I è la storia del proletariato mondiale. È la costruzione, nelle forme storicamente date, di questa transizione, di questo progetto di trasformazione applicato ad uno specifico contesto. Il partito comunista italiano ha contribuito a scrivere fra le migliori pagine della vita sociale e civile di questo paese; ad esso, e alla sua eredità, più che alla vuota retorica patriottica e nazionalistica, occorre guardare per riprendere la via di una ripresa delle sorti nazionali.

Dal 1921 i comunisti italiani hanno fatto molta strada e molti sono anche i ritardi accumulati sul piano della teoria, del Partito, dello Stato, ecc. Abbiamo l'assoluta necessità di riaprire un dibattito comune, serio e rigoroso, su molti aspetti, nella consapevolezza che le contraddizioni aumentano e che lo scontro di classe si acuisce di giorno in giorno.

Occorre che ciascun comunista, ovunque collocato, compia un deciso sforzo per contribuire a questa opera di ricomposizione e di sintesi superiore. Occorre abbracciare, con generosità e con serietà, i contributi dei tanti quadri, compagne e compagni, oggi frammentati e lontani, ricomponendo una identità comunista nel paese. Occorre recuperare l'intera storia dei comunisti italiani e saperne fare un bilancio complessivo.

Da dove partire?

Le proposte ed i temi che l'Istituto ha affrontato sono rinvenibili nei nostri lavori. Da più di venticinque anni cerchiamo di contribuire al rilancio della teoria marxista mettendo al centro la stretta, feconda e inscindibile relazione che esiste fra marxismo e scienze naturali. Con Engels e Lenin, riteniamo assolutamente necessario e imprescindibile aggiornare la teoria marxiana -pena lo scadimento a forme dogmatiche e sterili- alla luce delle principali scoperte scientifiche e delle loro ricadute sulla produzione e quindi sulla società, sulla politica, sui costumi, sulle classi, secondo la lezione gramsciana de “Americanismo e Fordismo”.4

 

Ma prima ancora di aprire la discussione su un qualsiasi tema, occorre ricostruire uno spazio comune dove sia possibile confrontarsi serenamente al di là delle appartenenze del momento, e discutere per giungere ad una sintesi comune.

 

In questo senso vogliamo riconfermare e rilanciare qui la nostra disponibilità a tale confronto e sforzo comune, insieme a quanti, anche recentemente, hanno pure ribadito tale necessità.

 

Cento anni sono passati, ma i comunisti in Italia e nel mondo mantengono aperta la via al Socialismo!

 

Viva il partito comunista italiano!

 

Viva il Socialismo!

1Si rimanda qui a Lettere dell'Istituto n 21 “Sul centenario della Rivoluzione d'Ottobre”

2Si rimanda qui alla relazione “Programma” e “Centralità operaia”

3Si rimanda qui alla Relazione “Scienza Medica”

4Rimandiamo inoltre alla relazione “Sviluppo scientifico e tecnologico e i problemi nuovi della politica”

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Treu e Legge 30

Istituto di Studi Comunisti

Karl Marx – Friedrich Engels

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PACCHETTO TREU

E LEGGE 30

 

 

Vorremmo aprire una riflessione più generale circa la legge 30.

Il punto centrale non è la legge 30, bensì il pacchetto-Treu.

E’ il pacchetto-Treu che sostanzia la legge 30.

Se aboliamo la legge 30 restano perfettamente in piedi le agenzie di lavoro, il tempo parziale, a chiamata, ecc. ecc.; restano, cioè, in piedi l’impianto, la struttura del lavoro precario, ecc.

E’, cioè, contro il pacchetto-Treu che va aperta una battaglia.

Il pacchetto-Treu costituisce, al di là della formulazione tecnico-giuridica, un corposo impianto teorico, che delinea una ben precisa ed esatta concezione, configura n sistema teorica da cui, poi, si dipartono tutte le linee, tutte le consequenziali, di cui la legge 30 ne è una tranquilla consequenziale.

Adesso, se è facile la critica e l’opposizione alla legge 30 – ma non perché del governo Berlusconi –

perché si rendono qui più evidenti e macroscopici le consequenziali, che facilitano appunto la critica e l’opposizione, non così si pongono le cose per il pacchetto-Treu.

Esso costituisce un autentico “ buco-nero” entro cui sono attratte e precipitano le forze della sinistra e dai cui non riescono a sfuggire per la forte attrazione gravitazionale di questo.

Le forze di attrazione e di imprigionamento sono date esattamente da quelle linee-di-forza, date dalla concezione teorica più complessiva, di fondo, a cui la sinistra non riesce a contrapporsi, giacché si muove dentro quelle linee-di-forza.

Il pacchetto-Treu in realtà non è che l’esplicitazione, la messa in opera, di un ben più corposo sistema teorico. Se non si ha chiaro questo, non si ha chiaro quale sia la base e la retrovia teorica e metodologica, ossia no si ha chiaro cosa siano poi quelle linee-di-forza che tengono la sinistra attratte dentro il “ buco-nero”; diviene così impossibile rompere con quelle linee-di-forza e sfuggire dall’attrazione del “ buco-nero”.

Tra la metà degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80 è stata elaborata una linea teorica che va sotto il nome di “ neocorporativismo”. Questo termine è quello che gli autori della teoria usano e definiscono “ neocorporativismo” la loro teoria.

Essi, cioè, ritengono validi impianti teorici e teorie delle gilde e del corporativismo feudale e coniugano tale impianto e teoria medioevali con la realtà politica e sindacale attuale.

La teoria è sistematizzata da Crouch in “ Relazioni industriali”, ed. Ediesse.

“ A partire dai primi anni Settanta la sempre più copioso letteratura sul neocorporativismo ha suggerito una visione alternativa dello Stato e dei suoi confini, delle sue componenti e dei suoi protagonisti. … . Il neocorporativismo … rappresenta una vera e propria alternativa politica al modello politico { che aveva al centro l’antitesi Stato-società }

“ Abbiamo bisogno di un approccio di quelle che Keith Middlemas ( 1979 ) ha definito “ istituzioni guida” organizzazioni che operano fuori dai confini ufficiali del “ politico” e che tuttavia possono svolgere funzioni di governo. Si può risalire alle definizioni di Bochenforde ( 1977 ) ,, fino all’organizzazione urbana medievale delle corporazioni artigiane analizzate da Black ( 1984 ).

… un modo di fare politica che dopo tutto, sia nella forma moderna che in quella medievale, ha avuto a che fare con le scelta della vita economica, … .” ( pagg. 22-23 ).

Sempre a pagina 23, indirettamente, vi è un fitto elenco, organizzato per singoli stati, di intellettuali sostenitori o collaboratori della teoria del corporativismo.

Per l’Italia vengono indicati tra gli altri i nomi di Treu e Salvati.

Nulla da eccepire sulle linee di ricerca teorica, che ciascuno è libero di sviluppare e di condurre una battaglia per la sua affermazione, la Carta costituzionale garantisce la libera ricerca ed il libero insegnamento: su questo non si transige.

Vogliamo solamente fermare la teoria.

Se adesso si studia il pacchetto-Treu – e meglio il testo “ Mercati e Rapporti di Lavoro. Commento alla legge 24. giugno. 1997 n. 196 { Pachetto – Treu }”; ed. Giuffrè. Questo testo rappresenta una particolare importanza e validità scientifica giacché costituisce un commento all’intera legge, articolo per articolo e comma per comma i cui autori sono esattamente quelli che hanno partecipato all’elaborazione ed estensione del testo – alle pagg. 405-408 vi è l’elenco completo dei 40 autori ed il loro ruolo – si diceva: se adesso si studia il pacchetto-Treu alla luce della teoria del neocorporativismo tutto diviene maledettamente chiaro e maledettamente consequenziale diviene lo stesso pacchetto-Treu, che si delinea, adesso, tranquillo corollario di quella teoria.

Diviene chiaro adesso il rapporto più generale e complessivo, che nel pacchetto-Treu non si coglie, è sfuggente: nello studio si avverte un qualcosa che non va ma, poi, non si riesce a cogliere il cosa, proprio perché manca il quadro teorico sostanziale referente, la teoria del neocorporativismo, appunto. Diviene adesso chiaro il rapporto il rapporto più generale e complessivo che si tende a costruire tra capitale e lavoro, tra capitalisti e operai e come tale rapporti si sostanzi in un rapporto feudale di servaggio. Il termine qui va inteso nell’accezione feudale e non nell’accezione borghese, ossia rimanda e presuppone il suddito e quindi servaggio.

Le agenzie di lavoro, il lavoro a chiamata, ecc.. , a parte l’aspetto della precarietà, dello sfruttamento, ecc. tutte cose perfettamente giuste, rimandano ad un rapporto di asservimento, di servaggio, giacché legano il lavoro in un rapporto personale con il padrone in un rapporto di servaggio, fatto di obblighi , nuove corvèe.

L’agenzia di lavoro in modo specifico costituisce la più netta, ed inequivocabile, rottura con la rivoluzione borghese che instaurava un rapporto di libertà nel rapporto operaio-padrone ( la fictio juris marxiana) – in opposizione al rapporto feudale di servaggio appunto. La rivoluzione borghese, infatti, liquida il suddito per il cittadino, il civis.

La Carta dei Diritti, elaborata da Amato-Treu, è ancora questa concezione, essa costituisce la teoria dello Statuto dei Lavori, da sostituire allo Statuto dei Lavoratori, in versione non più Marco Biagi , ma in versione Margherita.

La teoria del neocorporativismo non costituisce affatto una teoria bislacca, fantasticheria nostalgica di qualche medioevalista. Costituisce da un punto scientifico la risposta, esatta, attenta, forte della classe capitalista alle condizioni attuali in cui avviene il lavoro salariato1; ed è essa che spinge poi a quelle stesse revisioni della Carta costituzionale affinché la società civile si allinei alle nuove condizioni in quel rapporto bene fermato da Gramsci in Americanismo e Fordismo.

Sono queste le linee-di-forza che occorre rompere, per spezzare il campo d’attrazione e sfuggire da tale attrazione.

istcom

mercoledì 07. febbraio 2005

 

1 Per un’attenta disamina rimandiamo al lavoro: “ Programma: IL LAVORO”.