Il Comunismo

ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI

Karl Marx - Friedrich ENGELS

 

 

 Il Comunismo

 

 

 

Atripalda, 01- 06. 2001

 

Le classi oppresse e sfruttate nel corso della Storia, ossia nel corso della loro esistenza, hanno sempre vagheggiato una società in cui fossero esse a decidere, ad essere protagoniste e padrone del loro destino. Hanno sempre coltivato la speranza di poter vivere in una società senza proprietà privata, disegnata sulle loro esigenze, ove i bisogni fossero soddisfatti e dove tutti fossero uguali.

Hanno vagheggiato una società in cui regnasse la Felicità e non vi fossero più affanni, miseria, disperazione, umiliazioni e non fossero costretti a dire di “ Sì”.

Hanno vagheggiato ed hanno finito per proiettare tali loro desideri in mondi ultraterreni.

Hanno vagheggiato, ma… a volte nel corso dei processi rivoluzionari, quando se ne è presentata l’opportunità hanno veramente preso il loro destino nelle proprie mani ed hanno dato vita, per breve tempo, a società comuniste.

La lotta degli schiavi vede diversi momenti di esperienza di società organizzate in maniera comunista:

In Asia minore tra il 132-130 a.c.

Aristonico è il capo di questo movimento rivoluzionario, che si sviluppa in Grecia ed in Asia minore. I Traci si uniscono alla rivolta.

Il programma esprimeva un chiaro contenuto sociale e rivoluzionario e perseguiva l’obiettivo di instaurare lo Stato del Sole.

Lo Stato del Sole – gli schiavi erano chiamati da Aristonico “ eliopoliti” ( cittadini del Sole ) doveva essere il regno della libertà e dell’uguaglianza, dove non sarebbero esistiti né ricchi, né poveri, né schiavi, né padroni.

Aristonico promuove nei territori sottoposti al controllo degli schiavi liberati, un vasto programma di riforme nello spirito delle utopie elleniche:

distribuzione delle terre, democrazia assembleare.

Spartaco 74 – 71 a.c.

L’intera comunità sperimenta nel corso della lotta per la prima volta un’economia ed una società comuniste per organizzazione del lavoro, produzione e distribuzione, determinando un innalzamento rivoluzionario della classe subalterna.

In tutto il corso del processo rivoluzionario borghese scoppiavano dei moti autonomi di quella classe che era la precorritrice più o meno sviluppata del proletariato.

Così nell’epoca della Riforma e della Guerra dei Contadini in Germania nel 1500 gli anabattisti e Thomas Munzer.

Munzer, seguace dello scisma di Lutero, fu protagonista con la setta degli anabattisti di un moto rivoluzionario contadino in Turingia nel 1525.

Federico Engels ha studiato approfonditamente questa importante esperienza rivoluzionaria in

La guerra dei contadini in Germania”.

Nella grande rivoluzione inglese del 1648 i Livellatori: movimento popolare della città e della campagna durante la rivoluzione inglese del 1648 avanzarono proposte democratiche radicali nella direzione appunto dell’uguaglianza sociale e del superamento della proprietà privata.

Nella grande rivoluzione francese con Babeuf, che fu a capo del moto rivoluzionario comunistico, che approdato alla Costituzione francese del 1793, represso nel sangue dalla controrivoluzione nel 1796: il Direttorio, che durò dal 1795 al 1799 e rovesciato da Napoleone Bonaparte.

Accanto a queste levate di scudi rivoluzionarie di una classe ancora immatura si ebbero manifestazioni teoriche:

nei secoli XVI e XVII le descrizioni utopistiche di regimi sociali ideali: Tommaso Moro, Utopia, e Tommaso campanella, La città del Sole;

nel secolo XVIII le teorie comuniste vere e proprie:

Morelly, abate francese del Settecento, autore di un Codice della Natura, in cui sostenne l’abolizione della proprietà privata;

Mably ( 1709-1785) vagheggiò il ritorno all’uguaglianza primitiva ed alla comunanza dei beni.

La rivendicazione dell’uguaglianza non si limitò più ai diritti politici, essa doveva estendersi anche alla posizione sociale dei singoli, doveva estendersi alla soppressione dei privilegi di classe ed alle differenze sociali.

La prima forma con cui la nuova dottrina fece la sua comparsa fu un comunismo ascetico, ugualitaristico: utopistico.

In realtà in questo vasto movimento che si sviluppa lungo tutto il corso della Storia degli Uomini oltre ad esprimere un moto non poteva andare, giacché si trovavano a cozzare violentemente contro le condizioni oggettive ed i vincoli che tali condizioni dettavano.

Nonostante le brutali e disumane condizioni di vita materiali e spirituali in cui le classi sfruttate ed oppresse si venivano a trovare nella società schiavista, feudale e borghese, fino al 1850 – con tutti i limiti delle datazioni dei periodi – quelle società: schiavista, feudale, borghese, basate sulla proprietà privata, costituivano i passaggi necessitati, costituivano, cioè, i metri con cui l’umanità poteva procedere in avanti.

Esistevano, cioè, ed esistono!, ben precise leggi scientifiche, che regolano la vita ed il corso degli uomini: la loro storia appunto.

La scoperta di queste leggi è merito di Karl Marx e Friedrich Engels.

E’ scoprendo queste leggi che Marx ed Engels hanno sottratto il comunismo dall’utopia, facendolo transitare a Scienza: l’evoluzione, appunto, del socialismo dall’utopia alla Scienza.

Questo ha consentito di stabilire scientificamente le forze motrici, gli alleati diretti e temporanei di questo processo, di stabilire la direttrice strategica e la tattica, di stabilire la corretta teoria ed analisi ed il programma conseguenziale.

Esiste un rapporto che salda l’Uomo alla Natura, che regola, limita, predetermina il livello di vita dell’Uomo ed il corso stesso dell’intera Storia degli uomini.

L’attività degli uomini può spostare in avanti tale rapporto, ma così sposta il più complessivo rapporto uomo-natura, ma non lo può abolire, né travolgere.

L’Uomo è un animale di tipo particolare, che a differenza di tutti gli altri animali, i quali si limitano ad usufruire per la loro esistenza di quanto la natura spontaneamente offre loro, l’uomo deve trasformare i prodotti della natura per renderli utili per sé.

Questa attività che si svolge tra l’uomo e la natura, costituisce il ricambio organico uomo-natura.

L’uomo proprio per la sua conformazione fisiologica, che è atto oggettivo, ha bisogno di una complessità di alimenti, che non si trovano immediatamente nella natura, ma hanno bisogno di essere sottoposti a specifici trattamenti, tali da separare dal prodotto naturale quello, e nella forma e quantità, che è utile all’uomo; altri devono essere prodotti, e tutti devono essere riprodotti attraverso processi di allevamento, attività agricola, industriale, ecc. Basti qui considerare tutta la complessità e ricchezza dell’alimentazione di cui l’uomo abbisogna per poter vivere.

Ma l’uomo è molto di più della pur ricca alimentazione, l’uomo, per particolari condizioni materiali – il modo di come interagisce con l’ambiente esterno, e vi interagisce attraverso una complessificazione dei processi cerebrali determinati proprio ed esattamente dal rapporto sempre e più complesso che instaura con l’ambiente: la complessificazione delle attività cerebrali costituisce la risposta organica del corpo umano di adattarsi alla crescente richiesta di attività, che quel rapporto evolvendosi chiede – l’uomo è una unità materia-spirito, per cui la sua esistenza abbisogna della soddisfazione di una massa di bisogni non materiali: spirituali. Basta qui pensare ai monili di cui le donne primitive si agghindavano, alla cura che l’uomo mette nella sua persona, per giungere alle istanze culturali, civili, sociali, intellettuali a tutta la produzione teorica in ogni settore e campo; in linea immediata si può pensare alla pittura, alla letteratura, alla cinematografia ed alla fotografia, ecc.

Il ricambio organico, che l’uomo attua tra sé e la natura, deve essere tale da mettergli a disposizione una tale massa di prodotti.

Questa attività di ricambio organico, questa azione di trasformazione è il lavoro.

Il lavoro è, cioè, quella complessa, articolata, multiforme attività che l’uomo mette in essere per trasformare la natura e renderla utile per sé.

Ed è un’attività manuale e spirituale, pratica e teorica.

E’, inoltre, un’attività che si sviluppa nel tempo attraverso un’azione programmata sul breve, medio e lungo periodo, che abbraccia vari settori, branche, sezioni tutte tendenti ad un unico fine programmato.

Ma questa attività di trasformazione non può essere attuata dal singolo uomo, per la sua complessità, per il tipo di rapporto che viene instaurato con la natura, richiede che venga attuata dalla comunità-uomo. Badate bene non da una molteplicità di uomini, bensì dalla comunità- uomo, storicamente data, presa nella sua attività e complessivamente.

Questo determina il carattere sociale dell’uomo.

L’uomo è cioè un animale sociale.

Aristotele, antico filosofo del IV secolo ac, aveva ben caratterizzato la natura specifica dell’uomo, definendolo: L’uomo per sua natura è un animale sociale.

Politica è allora quell’azione programmatica complessiva sul breve, medio e lungo periodo, che dirige il processo di ricambio organico uomo-natura, che coordina le varie attività delle varie branche e sezioni di questo processo e le indirizza al fine di riprodurre le condizioni materiali di esistenza degli uomini, della comunità-uomo, mondialmente intesa, storicamente mondialmente intesa.

La comunità-uomo instaura allora un rapporto di proprietà con la natura, che può essere di tipo collettivo o privato.

Le prime forme di comunità-uomo sono state di tipo comunistico, quelle successive di natura privata.

La natura privata o collettiva è data dalla natura dei mezzi e strumenti di produzione con i quali e tramite i quali avviene il ricambio organico, avviene la trasformazione del rapporto uomo-natura, che determina le condizioni nelle quali si attua il lavoro.

Le condizioni nelle quali si attua, determinano le caratteristiche fondamentali delle varie società che si sono succedute nella storia e che costituiscono le vari fasi storiche.

In tutta la fase primitiva le istanze, le esigenze, degli uomini ed il numero stesso dei componenti della comunità-uomo richiedevano un rapporto semplice, elementare, che poteva essere assolto da un rapporto di proprietà comune.

I mezzi di produzione consistevano in strumenti facilmente reperibili e da tutti fabbricabili, oltre la forza fisica, la clava, le prime armi: ascia, lancia, coltelli di pietra, ecc.

Successivamente con il complessificarsi del rapporto uomo-natura, che richiedeva mezzi e strumenti di produzione più complessi e non immediatamente reperibili: prime forme di aratro, necessità di conoscenze ben oltre le più immediate risposte a stimoli dall’esterno: si pensi qui alle società dell’antico Egitto, della Mesopotamia: ittiti, Sumeri, Assiri, Babilonesi, unitamente alla necessità di sottoporre a maggior sfruttamento intensivo le potenzialità che la natura offriva, richiese il passaggio ad una struttura basata sulla proprietà privata.

La riproduzione quotidiana delle condizioni materiali di vita degli uomini, non più bastevole il semplice procacciare quotidiano, richiedeva la produzione di un surplus in grado di passare da una riproduzione semplice ad una riproduzione allargata: basti qui pensare alla società egiziana, ove si poneva il problema di accantonare una parte della produzione per la semina successiva ed una parte di scorta per i periodi di cattività e la necessità di mantenere un apparato di scriba in grado di scrutare il movimento delle stelle per predire l’inondazione del Nilo.

Questo è già un surplus, un quid che eccede la più immediata produzione/consumo per una programmazione/pianificazione dell’attività dell’uomo al fine della riproduzione delle condizioni materiali di esistenza.

Già questo è l’instaurare un altro tipo di rapporto con la natura e tra gli uomini stessi, che non è più l’immediato quotidiano, ma un dispiegare un’azione nel tempo, un prevenire ed un cautelarsi.

La proprietà privata ed il lavoro asservito, ossia lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo si presenta come una necessità storica: l’unica condizione nella quale si può attuare nel miglior modo la riproduzione delle condizioni materiali di esistenza.

Il livello ed il tipo sono determinati dal livello della tecnica e della scienza.

Fin quando il rapporto di trasformazione, o ricambio organico, avviene sul piano puramente intensivo, quantitativo, il rapporto di proprietà avviene attraverso un rapporto di subalternità diretto: società schiavista e feudale, in cui il ruolo della scienza è decisamente ridotto e stazionario.

In tali condizioni il livello culturale, teorico, e quindi la coscienza che gli uomini avevano di se stessi era un livello statico, poiché il rapporto di trasformazione si manteneva ancora su di un rapporto sostanzialmente semplice, poco complesso, ove agiva il più immediato rapporto causa-effetto il livello teorico, e quindi il livello della scienza stessa non poteva andare oltre tale più immediato rapporto causa-effetto. Questo era il livello della pratica che gli uomini avevano, questo il livello di conoscenza e coscienza degli uomini.

Complessificandosi le esigenze ed i bisogni, che sono materiali e spirituali, accumulandosi esperienze e conoscenze, gli uomini sono in grado di rispondere alla crescita delle istanze, rinnovando ed approfondendo le loro conoscenze, mettendo a frutto, sfruttando meglio, la conoscenza elaborano nuovi livelli d conoscenza.

Quando il sistema schiavista non è più in grado di garantire le condizioni sostanziali della riproduzione delle condizioni di vita materiale degli uomini, questo tipo di rapporto di proprietà entra in crisi, perché non più in grado di garantire lo sviluppo successivo dell’umanità.

Ed è in effetti attorno al I secolo a.c. che inizia a delinearsi la non più redditività del lavoro degli schiavi e gli stessi proprietari di schiavi attuano ed incoraggiano forme di liberazione e transizione verso forme di lavoro servile, ma non più schiavista.

La differenza tra le due società: schiavista e feudale consiste nella forma del rapporto di sfruttamento intensivo. Si modifica la forma di subalternità e la forma di sfruttamento.

Lo sfruttamento viene ad originarsi come dato oggettivo, ineliminabile, dalla necessità di ricavare un surplus in grado di attuare la riproduzione allargata. Ma perché questo potesse attuarsi richiedeva oltre al surplus vero e proprio, una quota ulteriore in grado di mantenere la classe che attuava la direzione di tale processo di trasformazione, una quota ulteriore per il mantenimento di tutto quanto abbisognava a tale classe per il mantenimento di se stesso e del suo dominio: stato, società civile, intellettualità, ecc.

Il basso livello della tecnica e della scienza richiedeva che tale massa complessiva di surplus venisse estratta con il più brutale sfruttamento materiale e spirituale, con l’affamare le classi subalterne fino ridurle al di sotto delle più elementari condizioni di vita: schiavi, servi della gleba.

Ed in realtà la vita degli uomini era costantemente minacciata da un cattivo raccolto, una guerra, ecc.

Il basso livello della tecnica e della scienza determinava una costante sottoproduzione.

E’ solo con lo sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici che si verifica il capovolgimento:

la crisi di sovrapproduzione.

Lo sviluppo della scienza e della tecnica si consolida ed arricchisce nel periodo tra il 1500 ed il 1850, consolidando definitivamente questo dato assolutamente nuovo: la sovrapproduzione.

Da questo momento lo sviluppo delle forze produttive inizia a prendere un ritmo incalzante, tempestoso, che la borghesia non è in grado di gestire. I rapporti di produzione capitalistici diventano così stretti, limitati, angusti, non più in grado di sviluppare ulteriormente le forze produttive: agiscono cioè da ostacolo. Lo sviluppo impetuoso delle forze produttive travolge la stessa borghesia, che finisce per essere come quel mago che evoca le forze dagli inferi, che non sa più dominare e controllare. Manifestazione di questo processo sono non le solo le crisi economiche, le guerre, ecc. ma anche tutte le problematiche legate alla cosiddetta ecologia, alla cosiddetta “ Bioetica”, alla Genetica ed agli organismi geneticamente manipolati. La stessa globalizzazione non è altro che la manifestazione che le forze produttive richiedono una gestione planetaria, il supeamento dei vincoli territoriali di nazione e di sfere di influenze, una direzione e pianificazione planetaria, che non è la gestione capitalistica, “ il profittarello” capitalistico. E’ poi questa logica del “ profittarello” – come ben ha fermato F. Engels – la causa dei gravi disordini ecologici, dell’ecosistema. La logica del profittarello porta gli Usa a stracciare i pur timidi ed assai poco seri accordi di Tokyo. Ed è la logica del “ profittarello” che ha causato la “ mucca pazza”, ecc. ecc.i

Questo fa giungere Marx ed Engels alla conclusione che la proprietà privata, che ha avuto una sua ragion d’essere, con il livello raggiunto dalle forze produttive quella ragione d’essere aveva cessato di esserci.

La società socialista costituisce una nuova fase nella storia degli uomini, determinata ed espressione del nuovo livello raggiunto nel processo di trasformazione del rapporto uomo-natura.

Ad ogni determinato livello, quindi, è corrisposto un tipo di società: schiavista, feudale e poi borghese, determinato appunto dallo sviluppo delle forze produttive, dal livello nel quale avviene il processo di trasformazione del rapporto uomo-natura, il ricambio organico.

Ogni determinata fase storica è, in definitiva, l’espressione di quel rapporto che salda l’uomo alla natura, di quel vincolo insopprimibile ed invalicabile che identifica strettamente l’uomo nel suo rapporto con tutta la restante realtà, di cui egli stesso è parte.

Rompere, incrinare tale rapporto significa rompere, incrinare l’esistenza stessa, le condizioni stesse, di esistenza della vita degli uomini. Questo è il prodotto ed il risultato di ben più complessive condizioni naturali: fisiche, biologiche, chimiche non solo del pianeta, ma della stessa galassia e dell’intero universo. Condizioni diverse, che si dovessero venire ad essere nell’universo, possono modificare ed intaccare quell’equilibrio complessivo chimico-fisico-biologico, che determina le condizione per l’esistenza della vita degli uomini sulla Terra.

 

La seconda legge scoperta da Marx ed Engels è quella delle classi. In verità a tale scoperta erano giunti Smith e Ricardo, ma essi non seppero, né vollero, intenderne tutta la portata.

E’ con Marx ed Engels che questa scoperta acquisisce tutta la sua valenza.

Marx ed Engels leggono lo sviluppo della storia degli uomini con quella delle forze produttive e leggono, poi, il rapporto che salda una certa configurazione e livello delle forze produttive con una determinata classe sociale, nella quale quel determinato livello di sviluppo delle forze produttive trova sostegno ed espressione.

Questa classe, prodotta e formata nel corso dello sviluppo nei nuovi rapporti di produzione, costituisce la classe dirigente; la classe che si porrà alla guida dell’intero processo per l’affermazione del nuovo livello di sviluppo e che insediatasi al potere, soppiantata la precedente classe, in tutta una prima fase darà ampio sviluppo e sostegno al pieno dispiegarsi delle forze produttive, fino a quel momento soffocate, condizionate nella precedente società.

Esiste cioè un rapporto stretto tra un determinato livello raggiunto dalle forze produttive e tipo di rapporto di produzione. fino a quanto determinati rapporti di proprietà consentono lo sviluppo delle forze produttive la società è in ascesa, quando il livello di tale sviluppo supera il livello di guardia e poi scavalca le possibilità intrinseche di quei rapporti di produzione, la società stessa entra in una fase di crisi rivoluzionaria, una fase di gestazione di una nuova società.

Sono così le forze produttive che determinano il tipo sia dei rapporti di proprietà e conseguenzialmente di società e sia le varie classi che comporranno quella società.

Marx ed Engels leggono questo intimo nesso che lega in un tutt’uno lo sviluppo della storia degli uomini:

rapporti di produzione,

forze produttive,

classi sociali e classe sociale egemone e dirigente

 

Dallo studio dello sviluppo tendenziale della storia – tutto un discorso a parte merito questo nuovo elemento introdotta da Marx ed Engels: il tendenziale – Marx ed Engels ne ricavano che lo sviluppo ulteriore che le forze produttive avrebbero preso, avrebbe comportato la rottura di tutto l’intero e totale schema entro cui pur si era mossa la storia degli uomini.

Sino a quel momento tutti i rivolgimenti sociali si erano mossi entro gli àmbiti della proprietà privata, la modifica nella forma della proprietà privata dei mezzi di produzione, e quindi una continuità nella sostanza ed modifica nella forma della proprietà privata e dello sfruttamento.

Il carattere tendenziale che lo sviluppo futuro delle forze produttive tenderà a prendere, travalicherà qualsiasi limite, vincolo, ostacolo che la proprietà privata in quanto tale pone.

L’essenza di tale vincolo è il perseguimento di un profitto individuale, un guadagno che il singolo, o insieme di singoli o l’intera classe intende perseguire per sé. Engels lo chiama ‘ profittarello’

Anche la visione generale dell’intera classe dominante, anziché il singolo o singoli gruppi monopolistici non è assolutamente in grado di gestire i livelli nuovi, giacché agisce il profitto, il conseguimento del massimo profitto come strozzatura, limitazione, soffocamento, di contro alla lettura a tutto campo che il nuovo livello della scienza e della tecnica richiede.

Esso richiede cioè una lettura a tutto campo senza interessi precostituiti, una gestione non già locale: regionale o nazionale che sia, ma una direzione e gestione complessiva planetaria.

Questa condizione può essere soddisfatta solo da una società che superi le particolarità ed i particolarismi propri, ” il profittarello”, che l’esistenza della proprietà privata comporta. Le nuove istanze delle forze produttive non ci stanno più dentro questi schemi, si ribellano ad essere filtrate, a dover passare per la cruna dell’ago, determinando una situazione di crisi generale dell’intera società.

Questo sviluppo tendenziale, e per il suo pieno dispiegamento – richiede che la direzione sia presa da tutti i membri della società che a vario titolo e livello partecipano al ricambio organico: dall’operaio, al tecnico, al ricercatore, allo scienziato.

Ciascuno dal suo settore di intervento, dal posto che occupa nel ricambio organico, legge una parte del processo e solo la lettura simultanea di tutte le possibili letture, di tutti i possibili settori di intervento, di tutti i campi dell’attività umana può consentire una migliore direzione dello sviluppo delle forze produttive.

Marx ed Engels chiamano, non a caso, tale società: “ società dei produttori”.

Poste così le cose, la società avrà bisogno per poter portare a compimento tali istanze di tutto un altro apparato istituzionale, di tutta un’altra organizzazione sociale, territoriale.

Richiederà allora altre e nuove ed inedite forme di democrazia in grado di consentire quella lettura simultanea a tutto campo, di consentire a ciascuno di intervenire, e attraverso un nuovo processo decisionale, e quindi nuovi ed altri strumenti e luoghi della discussione e della formazione delle decisioni, giungere alla sintesi di quella lettura a tutto campo, alla lettura unitaria del processo, che in precedenza abbiamo spezzettato, segmentato nei rispettivi settori e branche e sezioni di lettura dell'attività umana, ossia del lavoro, ossia dell’attività di trasformazione del rapporto uomo-natura.

Lo sviluppo della scienza e della tecnica: rapidità di movimento e comunicazione consentono tale raggiungimento. Esistono, cioè, i dati oggettivi, gli elementi materiali per dare gambe a tale nuova società, di dare risposta più alta alla direzione unificata del processo di direzione delle forze produttive.

Dirigere le forze produttive significa dare un senso di marcia, dare un indirizzo entro cui tale forze devono muoversi e svilupparsi.

Questa è una necessità inderogabile.

In passato abbiamo visto come il rapporto di trasformazione, il ricambio organico, avveniva in maniera semplice, investendo il più immediato rapporto causa-effetto ed a quel livello era richiesta una direzione che avesse a base una concezione semplice del rapporto causa-effetto. Bastava cioè una direzione quanto meno poco unilaterale.

Oggi assolutamente NO!

L’attuale sviluppo della scienza e della tecnica comporta che l’azione di intervento dell’uomo nella e sulla natura intacca ben più profondi rapporti di causa-effetto.

L’intervento in un campo ben distinto, ha ripercussioni su campi distanti da quello su cui abbiamo operato l’intervento, mostrandoci l’intimo nesso che unisce quei settori, che fino ad allora ritenevamo distanti, separati.

E questo effetto a caduta non viene diluito nel tempo, ma avviene con una certa immediatezza.

Anche in passato vi erano tali interconnessioni, che legavano il tutto in una unità, ma gli effetti da un settore all’altro avvenivano talmente distanziati nel tempo, tale da attutire in parte gli effetti negativi.

Questo richiede una ben diversa comprensione sia della natura delle forze produttive che una ben precisa direzione dell’uomo su di esse.

Tutta la problematica della genetica, degli organismi geneticamente modificati ( OGM ) ecc. è esattamente questo impatto su settori diversi e distinti tra di loro:

OGMmodifica genetica del corpo umano:::!

emissione di gas tossici ( Tokyo )-ambientepiogge acide-produzione agricolacibi danni alla salute degli uomini e degli animali, delle piante-ecosistema… .

 

Marx ed Engels studiando approfonditamente il problema giunsero all scoperta che la classe sociale che il nuovo livello di sviluppo delle forze produttive individuava era la classe del proletariato. Solo il proletariato poteva essere la classe che poteva mettersi alla testa del nuovo processo rivoluzionario e sostituitosi alla vecchia classe, all’ancient regime, dare ampio e totale sostegno all’ulteriore sviluppo delle forze produttive, ostacolate, incatenate dentro gli attuali rapporti di produzione.

Marx ed Engels, partendo dalla conclusione alla quale li aveva condotti l’analisi circa lo sviluppo tendenziale delle forze produttive circa il superamento della proprietà privata, giungono ad individuare la classe che non ha proprietà privata, che non può perseguire l’acquisizione di una qualche forma di proprietà privata, e che dalla soppressione della proprietà privata trova la sua liberazione. Questa classe è la classe del proletariato.

Questa classe si identifica immediatamente con la classe dei produttori. Queste condizioni concrete, materiali, consentono a Marx ed Engels di giungere alla conclusione teorica:

Il proletariato liberando se stesso, libera tutta l’umanità.”:

Il proletariato è portato, cioè, nella conduzione della sua vita materiale ad opporsi alla proprietà privata. Le sue condizioni di vita quotidiane lo portano a comprendere che solo liberandosi dalla proprietà privata esso può liberarsi e fino in fondo dalle sue attuali condizioni, migliorando.

La società comunista esce così dai fumi e dalle nebbie delle volontà, dei desideri. Cessa di essere un vagheggiare, uno sperare per divenire azione concreta, sviluppo tendenziale e quindi condizione oggettiva per l’umanità intera di andare avanti.

 

Prima di Marx ed Engels, come si è accennato, vi sono state alcune teorie che propugnavano una società comunista.

Sono quelli che Marx ed Engels definiscono socialismo utopistico: Fourier, Saint Simon, Owen.

In alcuni casi come con Owen, che era un industriale, vi sono state concrete applicazioni di queste teorie, ma che per la natura utopica, ossia non basate sulla conoscenza dei processi oggettivi, fallirono. Molte comunità di emigrati in Usa diedero vita a società comuniste, che andarono incontro ad una sorte simile.

Queste esperienze hanno comunque costituito un interessante laboratorio politico a cui Marx ed Engels e l’intero Movimento Comunista Internazionale hanno attinto spunti, riflessioni, idee.

Bisogna, in verità, dire che simili tentativi di società comunistiche con l’abolizione della proprietà privata e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione non erano insoliti sul finire del Settecento.

Occorre dire che non sempre queste esperienze e queste teorie esprimevano contenuti alti, in alcuni casi costituivano teorie reazionarie ed esperienze reazionarie ed alla moda.

Occorre cioè ben distinguere e non farsi abbagliare dalla forma più immediatamente egualitaristica e su base solidaristica.

La teoria che Platone espone in “ La Repubblica” e “ Le Leggi” è una teoria assolutamente reazionaria, ove la non esistenza della proprietà privata è legata ad un governo di élite, che seleziona ferocemente la formazione del gruppo dirigente ed impone alla società una rigida ed insopportabile divisione in caste.

L’opposizione alla proprietà privata in Platone è il risultato della più generale posizione di classe di Platone. Dinanzi alla disgregazione della ‘ pòlis’, o città-stato, di Atene, dinanzi alla dissoluzione dei vincoli di sangue sui quali si basava la città-stato di Atene e l’avanzamento dei nuovi rapporti di produzione schiavisti, che si affermeranno decisamente da lì a poco con Alessandro Magno, Platone oppone il livello proprietario della ‘ pòlis’: di qui il governo degli ottimati e dei filosofi, o ‘ sofòs’, che nelle condizioni date poteva essere esercitato solo dalla classe aristocratico nobiliare della ‘ pòlis’: ossia esattamente quella classe che i nuovi rapporti di produzione spazzavano via.

L’esperienza della comunità comunistica di san Leucio, in provincia di Caserta, organizzata e finanziata dal re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, la cui ideazione è iniziata nel 1776 e l’attuazione nel 1789, costituisce essa stressa un’altra esperienza reazionaria.

Il problema di Ferdinando IV di Borbone è di avere una produzione di seta di alta qualità e poiché vi era una grande mobilità degli operai più bravi e qualificati, che determinavano a volte la fortuna di un’azienda o il suo fallimento se si spostavano ad altra azienda, con una regolamentazione ‘ comunistica’ voleva conseguire l’obiettivo di una stabilità della manodopera e garantirsi la riperpetuazione della specie di quel particolare proletariato specializzato, consentendone non solo la riperpetuazione fisica ma anche la trasmissione delle conoscenze e dell’esperienza.

In definitiva è un’operazione non dissimile da quella portata avanti dai proprietari di schiavi nell’antica Roma, quando attorno al I° secolo d.c. vista la non redditività del lavoro schiavista e nel tentativo di coinvolgere più direttamente la forza lavoronella conduzione del latifondo, portavano avanti il processo di legare questa massa di schiavi alla terra, dando loro la libertà in cambio di un riscatto monetario ma al patto che rimanessero sulla terra e garantissero una certa massa di servizi e di produzione al padrone della terra e degli altri mezzi di produzione.

Sul piano più immediatamente politico voleva conseguire l’obiettivo ideologico di contrastare l’offensiva della classe borghese, specie francese.

Emblematiche a riguardo sono le due date:

1776: è il periodo della pubblicazione dell’Encyclopedie,

1789 è la rivoluzione francese!

 

 

i Forze produttive

Le forze socialmente attive agiscono in modo assolutamente uguale alle forze naturali: in maniera cieca, violenta, distruttiva, sino a quando non le riconosciamo e non facciamo i conti con esse. Ma una volta che le abbiamo riconosciute, che ne abbiamo compreso il modo di agire, la direzione e gli effetti, dipende solo da noi il sottometterle sempre più al nostro volere e per mezzo di esse raggiungere i nostri fini. E questo vale in modo particolare per le odierne potenti forze produttive. Sino a quando ostinatamente ci rifiuteremo di intendere la natura ed il carattere, ed a questa intelligenza si oppongono il modo di produzione capitalistico ed i suoi sostenitori, queste forze agiranno malgrado noi contro di noi e, come abbiamo diffusamente esposto, ci domineranno. Ma una volta che siano comprese nella loro natura, esse, nelle mani dei produttori associati, possono essere trasformate da demoniache dominatrici in docili ancelle. E’ questa la differenza tra la forza distruttiva dell’elettricità nel lampo della tempesta e l’elettricità domata del telegrafo e della lampada ad arco; la differenza tra l’incendio ed il fuoco che agisce al servizio dell’uomo. Quando le odierne forze produttive saranno considerate in questo modo, conformemente alla loro natura finalmente conosciuta, all’anarchia sociale della produzione, conforme ai bisogni sia della comunità che del singolo. Così il modo di appropriazione capitalistico, in cui il prodotto asserve innanzitutto chi lo produce, ma poi anche colui che se ne appropria, viene sostituito dal modo di appropriazione dei prodotti, fondata sulla natura stessa dei moderni mezzi di produzione: da una parte da un’appropriazione direttamente sociale come mezzo per mantenere ed allargare la produzione, dall’altra da una appropriazione direttamente individuale come mezzo di sussistenza e di godimento. “

( Federico Engels, Antiduhring ).